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autore:Unknown
Format: epub
pubblicato: 2023-08-14T00:00:00+00:00


3.3. L’approccio neo-frenologico

Così come già la frenologia di Gall e Spurzheim (e molti altri dopo di loro), le neuroscienze cognitive hanno per lungo tempo operato sotto l’assunzione che si potessero trovare corrispondenze biunivoche tra generi neurali e psicologici. Tuttavia, mentre per i frenologi la mappatura avveniva tra aree cerebrali definite solo in base alla loro posizione rispetto al cranio (e rivelate dai bernoccoli) e “facoltà” (cfr. cap. 1, 3), i neuroscienziati odierni parlano piuttosto di corrispondenze tra strutture neurali e funzioni cognitive – innovazione ontologica di cui si vuole dar conto con il prefisso “neo” davanti a “frenologico”. In questa veste, la tesi della corrispondenza prende spesso il nome di specializzazione funzionale.

La tesi della specializzazione funzionale è talvolta difesa sulla base di considerazioni evoluzionistiche.

Per esempio, secondo Barrett e Kurzbam,

è probabile che un gran numero di meccanismi di elaborazione dell’informazione funzionalmente specializzati funzionino in modo più efficace ed efficiente rispetto a un piccolo numero di sistemi con funzioni più generali [...]. Per questo motivo, è probabile che la selezione naturale abbia favorito i sistemi di sviluppo che danno origine a meccanismi cognitivi specifici per funzione. [… Inoltre,] i meccanismi con funzioni ristrette possono incorporare informazioni sul problema da risolvere, evitando così l’esplosione combinatoria. Per questo motivo, è probabile che la selezione naturale favorisca la specificità dei tipi di informazione gestiti dai meccanismi computazionali (2006, p. 629, tr. it. mia).

Anche se oggi è meno popolare di quanto lo fosse all’inizio del millennio, ancora non mancano difensori per la tesi della specializzazione funzionale, per lo meno per alcune strutture neurali (in particolare Kanwisher 2010; cfr. cap. 4, 3). Sospetto, inoltre, che anche tra coloro che si dicono disposti a rinnegare la specializzazione funzionale in teoria, in pratica molti continuino comunque a ragionare secondo lo schema di corrispondenze biunivoche struttura-funzione che essa prescrive.

Al cuore dell’approccio neo-frenologico vi è dunque la scommessa teorica che sia possibile allineare l’ontologia neurale con quella psicologica, a patto di individuate i generi corretti; una scommessa dalla quale deriva l’impegno a trovare questi generi.

A prima vista, questa opzione potrebbe suonare vagamente anti-scientifica. Dopotutto, ostinarsi a difendere la specializzazione funzionale anche se praticamente la totalità dei generi psicologi e neurali oggigiorno in uso non combaciano, scaricando la colpa su questi ultimi, suona un po’ come adottare una di quelle ipotesi ad hoc che Popper rinfacciava di adottare alle pseudoscienze come (a suo avviso) la psicanalisi o il marxismo. Anzi, a proposito di Marx, a qualcuno potrebbe ricordare un po’ il celebre aforisma di (Groucho) Marx: «Questi sono i miei principi, e se non ti piacciono... beh, ne ho altri».

Tuttavia, uno dei grandi insegnamenti dell’epistemologia del Novecento è che, anche se le evidenze empiriche possono dirci che una determinata teoria è sbagliata, ciò non significa che ci dicano dove è sbagliata; quelle che chiamiamo “teorie” sono infatti molto spesso conglomerati di numerose ipotesi (alcune magari nascoste), e non è affatto detto che quando i fatti contraddicono la teoria sia razionale gettare a mare tutto il conglomerato anziché individuare e sostituire quelle parti mancanti (Stanford 2017; cfr.



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